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di Leopoldo Gasbarro
«Il piatto che amo di più? Pasta, burro e parmigiano. E’ il piatto più buono del mondo, il più semplice che ci possa essere, il più veloce che si possa preparare. Eppure anche quel piatto esprime sapori differenti.
Ricordo quello che ci preparava la nonna, ricordo quello di mia madre Rita. Sì, perché c’è anche una memoria dei sapori, ci appartiene e ci riporta alle sensazioni che abbiamo provato e vissuto. Quel piatto mi rappresenta perché rappresenta la mia infanzia, soprattutto perché per me ha incarnato la consapevolezza che le cose, le stesse cose, possono cambiare e risultare profondamente diverse. Pasta, burro e parmigiano è il piatto più semplice del mondo, ma quanto cambia il suo sapore, cambiando la scelta della pasta, del burro e del parmigiano? E’ da quel piatto che ho compreso quanto fossero importanti le materie prime, quanto la qualità potesse incidere anche sul sapore del piatto più semplice. E’ da quel piatto che ho capito quale indirizzo dare alla mia vita, sarà per questo che anche oggi, per la mia attività, io mi occupi principalmente e direttamente della scelta delle materie prime da vendere o da utilizzare in cucina».
La storia di Alessandro Roscioli e quella di suo fratello Pierluigi potrebbe essere condensata tutta qui, in queste prime righe, che partono dal passato per raccontare la loro avventura oggi. Semplici, attenti ai particolari, legati a filo doppio alla storia della loro famiglia, impegnati a migliorare giorno dopo giorno la qualità del lavoro che svolgono. Ristorante? Salumeria? Gastronomia? Winebar? Il loro locale è a Roma a due passi da Campo dei Fiori, in pieno centro storico. Si chiama “Salumeria Roscioli”, nessun nome potrebbe essere più semplice…
«Dopo quindici anni faccio ancora fatica ad inquadrare il mio locale, la nostra è una struttura che, nelle diciotto ore di apertura, si trasforma almeno quattro o cinque volte. Abbiamo il banco vendita per i prodotti, serviamo pranzi e cene, facciamo degustazioni di vini, insomma è difficile definirci davvero. Ma in tutte le nostre attività cerchiamo sempre di rimanere fedeli a noi stessi ed alla qualità di quello che facciamo».
Come nasce la Salumeria Roscioli?
Io e mio fratello rappresentiamo la quarta generazione di una famiglia che, in qualche modo, si è sempre occupata di cucina. Noi siamo originari delle Marche, ma agli inizi del secolo scorso i miei bisnonni si
trasferirono a Roma e cominciarono a lavorare nel settore dell’arte bianca, ad occuparsi di panificazione. Noi tutti siamo rimasti in questo campo e, Pierluigi, mio fratello, se ne occupa ancora adesso: lui fa il pane
negli stessi locali di allora. Il forno esiste dal 1824 quando un editto papale stabilì che in via Dei Chiavari ci fosse un forno che preparasse pane a basso costo per i poveri.
A due passi dal forno noi gestivamo quella che a Roma viene chiamata “pizzicheria”, una salumeria appunto. Ma quella “pizzicheria” era una sorta di bazar, e, assieme al prosciutto di Parma, era possibile comperare, all’interno dello stesso locale, anche detersivi, strofinacci e cibo per gli animali. Così, nel 2002 io e mio fratello abbiamo deciso di fare scelte diverse e abbiamo deciso di trasformare la “pizzicheria” nel locale attuale.
Un passo importante, difficile sotto tanti punti di vista. Siamo andati controcorrente per Roma, dove ancora oggi dopo tredici anni dalla nostra apertura, non esistono locali come il nostro, che fanno della vendita di prodotti di alta qualità gastronomica, il loro punto di forza. Non va dimenticato, inoltre che ci troviamo in una zona a forte vocazione turistica, una zona in cui è facile trovare prezzi alla portata di tutte le tasche, prezzi bassi che, naturalmente, equivalgono anche ad una bassa qualità dei prodotti. Nonostante tutto, la nostra è stata una formula che ha funzionato e che ci ha fatto brillantemente superare il momento di crisi che il nostro paese sta ancora attraversando.
Qual è stata la ricetta del successo? La ricetta da copiare?
Abbiamo giocato sulla nostra grande forza di volontà e sulla velocità, abbiamo cominciato la nostra nuova avventura come fosse la nostra ultima spiaggia. Veniamo da una famiglia di grandi lavoratori, che è sempre stata pronta a fare sacrifici importanti. Non abbiamo mai dimenticato le nostre provenienze. Fare il pane artigianale, nonostante tutta la tecnologia che abbiamo a disposizione oggi, resta sempre uno dei mestieri più faticosi che ci siano: le macchine arrivano fino ad un certo punto, poi ci vuole sempre la mano dell’uomo. Ne sa qualcosa mio fratello Pierluigi. Provate a pensare a cosa dovesse essere qualche anno fa? Al tempo dei mie genitori, dei miei nonni, dei mie bisnonni? Fare il pane era quasi come entrare in miniera.
Per questo il sacrificio non ci ha mai spaventato e con questo neanche la quantità di lavoro. Eppure quando abbiamo aperto la “Salumeria Roscioli” ci siamo dovuti confrontare con un mondo completamente diverso rispetto a quello cui eravamo abituati. Con la panetteria il rapporto con il cliente è immediato. Viene servito in pochi minuti, non si ha la possibilità di confronti prolungati. La ristorazione è tutt’altra cosa, abbiamo dovuto imparare un nuovo mestiere…
E’ bastato questo? Il sacrificio, l’applicazione, la passione?
No, non si può essere così riduttivi. Sono state anche le scelte che abbiamo fatto a darci ragione. Su tutte quella di mantenere il locale aperto dalle otto del mattino fino alla mezzanotte, senza soluzione di continuità. Roma è una città, ma nel suo modo di porsi è ancora fortemente provinciale. Qui le cucine chiudono il pomeriggio dopo pranzo, riaprono la sera e dopo le ventitrè non si riesce più a mangiare quasi da nessuna parte. Questo è impensabile per una città che vive principalmente di turismo. Da noi è diverso. A questa scelta abbiamo fatto seguire quella della qualità dei prodotti. Non l’abbiamo mai abbassata, anche quando avremmo potuto farlo aumentando la nostra marginalità. Abbiamo sempre voluto mantenere molto alti i nostri standard e permettere alla nostra clientela di poter avere a disposizione prodotti sempre straordinari.
Ed i risultati sono stati subito incoraggianti…
Non ce lo aspettavamo neanche noi, ma il modello che abbiamo pensato, immaginato e realizzato si è tramutato in un successo di pubblico, di consensi e di numeri. Noi volevamo un contenitore che avesse a disposizione tutte le evidenze principali della gastronomia italiana, con pochi tavoli, sgabelli al banco per un totale di 45-50 posti. Il nostro è un locale che non si ferma mai: in pratica resta chiuso soltanto per la pulizia nelle ore tra la fine della notte e la riapertura. E da novembre prossimo apriremo a due passi da noi anche una nuova pasticceria.
Oggi abbiamo trenta dipendenti che si turnano nelle varie attività della giornata. Questo è possibile grazie al lavoro di tutti, a cominciare dalla moglie di mio fratello, Giuseppa: siamo una squadra che si muove all’unisono, che si supporta e che crede nel progetto. Ognuno è un ingrediente prezioso nella nostra ricetta per il successo.
Poi sono arrivate anche le consacrazioni vere e proprie.
La svolta, quella vera l’abbiamo avuta quando il New York Time ci ha dedicato un pezzo in prima pagina. Hanno scritto che da noi si mangiava la migliore “carbonara” di Roma. Da quel momento i riflettori si sono
accesi sulla nostra “Salumeria” e niente è stato più come prima. Abbiamo ricevuto premi di ogni genere, da quelli del Gambero Rosso a quelli della Guida dell’ Espresso. Televisioni di tutto il mondo ci hanno raccontato e sono tanti i giornalisti che vengono a trovarci per parlare dei nostri prodotti. Ma i riflettori non ci distraggono. Ripenso sempre a Marco, mio padre, alle farine macinate a pietra, alla Pasta con burro e parmigiano, ripenso a quei sapori, ricordo quei sapori e mi convinco, di nuovo, semmai ce ne fosse bisogno, di essere sulla strada giusta.